Collezione microbica ENEA
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La storia della collezione microbica ENEA

La storia della collezione microbica ENEA prende origine dai progetti di microbiologia agraria, industriale e di ecologia microbica messi in atto negli anni ’80. La storia della collezione rispecchia la Storia dell’Ente, muovendosi di pari passo con le linee programmatiche dell’Ente che hanno subito dei cambiamenti e/o si sono rinnovate nel corso degli anni. Sin dagli anni ‘80, i ricercatori ENEA hanno isolato, caratterizzato e preservato singoli ceppi e pool microbici (batteri, funghi, alghe, virus) da matrici ambientali diversificate, con potenzialità applicative che inizialmente hanno interessato il campo della bioenergia e dell’agroalimentare e successivamente hanno investito i settori dell’ambiente, dei beni culturali (BBCC) e della salute. ENEA ha sviluppato nel corso degli anni competenze integrate e laboratori di eccellenza in grado di fornire servizi avanzati sulle tematiche in oggetto gtrazie alla disponiblità di laboratori specializzati e di hall tecnologiche attrezzate con impianti di bioreazione e di downstream processing su scala pilota. In campo agrario e ambientale, sono stati raccolti circa 1500 isolati batterici identificati a livello molecolare, biochimico e fenotipico, e caratterizzati per le attività di promozione della crescita delle piante, di antagonismo di funghi fitopatogeni, di fissazione dell’azoto atmosferico, di solubilizzazione del fosforo, di produzione di siderofori, con potenziale applicativo in ambito agricolo come agenti di biocontrollo e/o biostimolanti in sostituzione dei fertilizzanti chimici. In campo alimentare, sono stati isolati batteri e funghi da produzioni alimentari e caratterizzati come biomarcatori di qualità e sicurezza microbiologica. Altri ceppi microbici e fungini provenienti da ambienti quasi estremi (contaminati e degradati) ed estremi (Antartide), sono stati identificati e caratterizzati per profilo metabolico e per alcune funzioni di interesse biotecnologico nel campo del biorisanamento, del biorestauro e della nutraceutica. La collezione annovera anche ceppi utili a fini biotecnologici per la capacità di degradare la cellulosa e ceppi isolati da ambiente marino resistenti a basse temperature. Oltre ciò, sono identificati ceppi di microalghe di acqua dolce e marina utili per la produzione di molecole bio-based nei settori nutraceutico, cosmeceutico e farmaceutico, nonché ceppi e consorzi microbici utilizzati per la conversione di biomasse di diversa natura in biocarburanti liquidi e/o gassosi o prodotti di interesse dell’industria chimica e di colture di microalghe per la produzione di bioenergie e/o prodotti della chimica verde.

La collezione microbica ENEA gestita in proprio dai laboratori dei centri Casaccia, Trisaia e Portici (in house collection) è costituita da numerosi microrganismi isolati da ambienti dove la rivoluzione industriale degli ultimi due secoli e la moderna gestione dell'agricoltura hanno fortemente influenzato la biodiversità microbica: molte specie sono state influenzate negativamente, mentre altre, in risposta a stress biotici e/o abiotici, hanno sviluppato caratteristiche metaboliche peculiari che le rendono candidate di eccellenza per un potenziale sfruttamento biotecnologico in diversi settori. Tale biodiversità si è adattata in breve tempo, se confrontato con il tempo evolutivo, a composti che non si sono co-evoluti con le comunità microbiche (xenobiotici). Per questo motivo questi microrganismi rappresentano un'esperienza peculiare nella storia evolutiva. Tale diversità microbica merita di essere preservata dalla sua inevitabile estinzione. In accordo con la Convenzione sulla biodiversità, firmata a Rio de Janeiro nel giugno 1992, la conservazione ex-situ in collezioni appropriatamente gestite, rappresenta l’unica possibilità di preservare tale biodiversità microbica, che ci offre una miniera di funzioni ancora inesplorate per applicazioni innovative, utili per affrontare molte delle emergenze ambientali e sanitarie del XXI secolo.

Anni 1980-2000

Le attività di ricerca in agricoltura, avviate negli anni ’60 nel Laboratorio per le Applicazioni in Agricoltura del CNEN, hanno portato negli anni ’80, nel laboratorio di Microbiologia del Dipartimento Agrobiotecnologie del Centro Ricerche Casaccia, all’avvio di una linea di ricerca sulla microbiologia del suolo, con un particolare focus sui batteri azotofissatori. Nel 1986 è stato effettuato un lavoro di isolamento di ceppi di Rhizobium indigeni dei suoli italiani (Rhizobium ciceri e Rhizobium meliloti) in grado di nodulare leguminose tradizionalmente coltivate (cece e erba medica). I ceppi sono stati identificati con le allora tecniche fenotipiche in uso e caratterizzati per le capacità di azotofissazione e di competizione sia in vitro che con prove su piante in campo in vista di un loro possibile uso come inoculanti, portando alla definizione dell’effetto positivo dell’uso di inoculi di Rhizobium japonicum. Sempre nello stesso ambito, sono state avviate ricerche per valutare gli effetti del priming con Azospirillum spp. I ricercatori del laboratorio di agronomia del centro ENEA Casaccia hanno condotto inoculazioni di campo con batteri azotofissatori e stimolatori della crescita vegetale su Zea mays. Nell’area relativa allo sviluppo della fertilità dei suoli agrari, è stato effettuato uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto a Ferrara (Helizea) per la produzione industriale di Rhizobium japonicum e altri microrganismi di interesse agronomico come inoculanti di colture di soia e altre leguminose. Tale studio ha portato alla realizzazione del primo impianto di produzione di inoculanti batterici in Italia, in vista dell’ulteriore sviluppo delle colture di soia e altre leguminose (https://inis.iaea.org/collection/NCLCollectionStore/_Public/20/013/20013361.pdf). In quel periodo erano sorte numerose collaborazioni internazionali concentrate sullo studio e sviluppo dei batteri azotofissatori e stimolatori della crescita della pianta; tra tutte, la collaborazione con la prof.ssa Johanna Doebereiner (direttrice dell’EMBRAPA, Séropedica, Brasile), con il prof. Yaacov Okon (Rehovot University, Israele), con il prof. Istvan Fendrik dell’Università di Hannover, con Jos Vanderleyden e Thierry Heulin con i quali si era istaurata una stretta collaborazione con scambi di ceppi e elaborazione di progetti europei,

Negli anni ’80, la vocazione energetica dell’Ente favoriva le attività legate alla produzione di energia o alle ricadute delle applicazioni del nucleare; successivamente al referendum per l’abrogazione del nucleare del 1987 gli orizzonti delle applicazioni si sono allargati. In questi anni sono gemmate importanti attività che hanno portato alla realizzazione dell’attuale collezione microbica. Nel campo delle energie da fonti rinnovabili, è del 1987 il primo brevetto di biotecnologie realizzato dall’ENEA, avente per oggetto un processo biotecnologico con cellule di lievito immobilizzate per la produzione in continuo di bioetanolo da scarti dell’industriasaccarifera. Il processo è stato oggetto di interesse dell’industria Eridania. L’ agente della fermentazione era un ceppo di lievito, Saccharomyces cerevisiae MI810, selezionato da vini per l’elevata capacità di produrre etanolo ed è parte della collezione ENEA. In questo periodo, nell’ambito del programma sulla biolisciviazione di carbone sub-bituminoso ad alto contenuto di zolfo, sono stati isolati ceppi di Thiobacillus ferrooxidans ed è stato ottenuto un mutante ad alta efficienza ossidativa, in grado di essere attivo in ambiente estremamente acido, come previsto per la messa in funzione di un impianto pre-pilota. Le ricerche nel settore delle biotecnologie microbiche hanno portato allo studio del tasso di crescita di Thiobacillus ferroxidans in coltura continua e in batch, e alla determinazione dei parametri necessari per ottimizzare l’efficacia dell’ossidazione del FeSO4 da parte dei microrganismi (https://bioagro.sostenibilita.enea.it/pubs/2223). Di particolare rilevanza, la realizzazione dell’impianto sperimentale per la bioliscivazione nel Centro ENEA Casaccia.

A partire dagli anni ’90, con l’ampliarsi degli orizzonti tematici dell’Ente, sono state avviate le ricerche nel settore dell’ecologia microbica in campo agronomico, che hanno portato i ricercatori ENEA ad intraprendere una vasta campagna di campionamenti dalla rizosfera di mais, coltivato nel nord, centro e sud dell’Italia, e in Messico, per l’isolamento di “Plant Growth Promoting Rhizobacteria” al fine di un loro utilizzo in agricoltura come biofertilizzanti e agenti di biocontrollo di fitopatogeni. Le campagne hanno portato alla raccolta di oltre 5000 ceppi appartenenti al gruppo microbico del Burkkolderia cepacia complex (BCC) di cui 1500 sono stati caratterizzati a livello molecolare e fenotipico, per profilo metabolico e per diverse funzioni di interesse. La collezione ENEA del BCC rappresenta una vera risorsa a livello internazionale, e ha permesso di fare luce sul ruolo dei microorganismi appartenenti al complex nell’ecologia microbica dei suoli agrari ma anche nelle infezioni croniche di pazienti effetti da fibrosi cistica (FC). La partecipazione dei ricercatori ENEA all’International Burkholderia cepacia working group (https://ibcwg.org) ha portato ad instaurare collaborazioni con i più grandi esperti di tassonomia e tipizzazione molecolare (Eshwar Mahenthiralingam, Cardiff University; Peter Vandamme, Ghent University, Cristopher Dowson e Adam Baldwin, Warwick University). Le sequenze dei ceppi del BCC che i ricercatori ENEA hanno tipizzato con la Multi Locus Sequence Typing sono entrate a far parte del Public databases for molecular typing and microbial genome diversity del BCC (https://pubmlst.org/organisms/burkholderia-cepacia-complex). I microbiologi ENEA, grazie alla loro expertise nella tassonomia e caratterizzazione dei ceppi ambientali, hanno guidato uno studio epidemiologico a livello nazionale dei ceppi clinici del BCC, conservando nel loro database i ceppi provenienti dai diversi centri regionali fibrosi cistica del territorio nazionale, e hanno rappresentato il punto di riferimento nazionale nella tassonomia dei ceppi clinici del BCC.

Anni 2000-2020

A partire dagli anni 2000, altri campionamenti sono stati effettuati nell’ambito di progetti di ricerca nazionali e internazionali, che hanno portato all’isolamento di oltre 1000 ceppi microbici (di cui ben 200 caratterizzati a livello molecolare) dai suoli sottoposti a diverse gestioni agricole e pratiche agronomiche in campagne di isolamento effettuate in diverse stagioni, e da ambienti lacustri a diversa profondità lacunare. Altri ceppi sono stati collezionati da matrici alimentari nel corso del monitoraggio della shelf-life microbiologica. Negli ultimi anni, ceppi della collezione microbica ENEA dotati di attività di promozione della crescita delle piante (ceppi solubilizzatori del fosforo, fissatori dell’azoto atmosferico, promotori della crescita delle piante, produttori di ormoni e siderofori, antagonisti di fitopatogeni) sono stati assemblati, con altri microrganismi benefici provenienti da collezioni europee, in consorzi microbici multifunzionali e applicati in pieno campo per una gestione delle colture agrarie più rispettosa dell’ambiente, riducendo la necessità di pesticidi chimici e fertilizzanti sintetici in agricoltura, promuovendo la fertilità del suolo e migliorando la salute e la produttività delle piante. La partecipazione ENEA al gruppo di lavoro Italian Soil Partnership e al nodo nazionale di ricerca sul suolo (Soil-Hub) ha permesso di valorizzare ulteriormente la collezione microbica grazie alla collaborazione con la rete nazionale ed europea sul suolo con l’obiettivo di arginare e mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi agricoli e le funzioni ecosistemiche del suolo riferite all’agricoltura.

Negli stessi anni ha avuto inizio la ricerca di ceppi e consorzi microbici con caratteristiche funzionali di interesse per applicazioni nel campo del risanamento ambientale. L’esplorazione è avvenuta in ambienti prevalentemente industriali affetti da contaminazioni storiche. Tali condizioni nel tempo modellano, per pressione ambientale, le popolazioni microbiche favorendo l’instaurarsi di comunità in grado di adattarsi a condizioni spesso proibitive: presenza di elevate concentrazioni di contaminanti organici, di metalli pesanti e anche di sostanze xenobiotiche. I microrganismi nativi di questi siti sono candidati ideali per interventi di bio-risanamento. I ceppi sono stati raccolti da diverse miniere abbandonate attraverso l’Europa e da diversi siti industriali italiani, nell’ambito di progetti nazionali e internazionali. Più recentemente, molti di questi ceppi, grazie alle loro particolari caratteristiche metaboliche, hanno trovato applicazione nel settore dei Beni Culturali e sono attualmente impiegati per interventi di bio-restauro, ossia un metodo di bio-pulitura selettiva, alternativo ai prodotti chimici spesso tossici, che permette di rimuovere depositi di varia origine da opere e materiali di interesse storico-artistico. Da 2013 queste applicazioni hanno interessato numerose opere d’arte di importanti autori, quali Carracci, Algardi, Balzico, Michelangelo, dimostrando la loro fattibilità sul campo. L’applicazione nel campo dei BBCC ha originato il brevetto Europeo ENEA EP 3046779 B1 di cui tre ceppi della collezione, depositati presso la collezione DSMZ, sono parte integrante. Negli ultimi anni la collezione si è arricchita di ceppi provenienti da siti archeologici, monumenti e opere d’arte. Attualmente ospita circa 900 ceppi, prevalentemente batteri. I ceppi che vengono impiegati per le applicazioni di bio-risanamento e di bio-restauro appartengono alla classe di rischio 1, come lo sono prevalentemente i ceppi di questa parte di collezione in house.

Nel 2019, ENEA è stata invitata ad associarsi alla JRU MIRRI-IT, coordinata dall’Università di Torino, con cui aveva siglato il 17 Aprile 2018 un Accordo Quadro all’insegna della cooperazione, della ricerca e dell’innovazione nell’ambito delle scienze ambientali, l’energia, la salvaguardia del patrimonio culturale e l'economia circolare. La Convenzione con l’Università di Torino ha permesso ai ricercatori non solo di affrontare questioni di elevata complessità, spesso in un’ottica interdisciplinare, ma anche di condividere le infrastrutture e di organizzare seminari, convegni e iniziative di divulgazione dei risultati. Nel 2019 ENEA entra a far parte, come Ente associato, della Joint Research Unit MIRRI-IT (Microbial Resource Research Infrastructure – Italy) istituita nel 2017 con lo scopo principale di superare la frammentazione nella disponibilità di risorse e servizi delle Collezioni di microorganismi. MIRRI-IT (http://www.mirri-it.it/) costituisce il nodo italiano dell’Infrastruttura di Ricerca Europea MIRRI (Microbial Resource Research Infrastructure, www.mirri.org) inclusa nella roadmap ESFRI 2016, che rappresenta la più grande infrastruttura Europea di ricerca nel settore delle Collezioni di microorganismi. Scopo di MIRRI-EU è la creazione di un’infrastruttura paneuropea che garantisca la conservazione e la distribuzione di microorganismi e loro derivati (opportunamente controllati e conservati) e di tutti i metadati associati, per favorire la conoscenza e l’innovazione sia del settore accademico, sia del settore industriale, con importanti ricadute nello sviluppo biotecnologico.

A seguito dell’avviso pubblico del MUR Nr. 0003264 del 28/12/2021 per la presentazione di proposte progettuali per “Rafforzamento e creazione di Infrastrutture di Ricerca” da finanziare nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - Missione 4 “Istruzione e Ricerca”, Componente 2, “Dalla ricerca all’impresa”, ENEA è partner (https://www.sus-mirri.it/it/partners/) del progetto “Strengthening the MIRRI Italian Research Infrastructure for Sustainable Bioscience and Bioeconomy” (acronimo: SUS-MIRRI.IT), finanziato con Decreto direttoriale n. 114 del 21 luglio 2022, nell’ambito della Linea di investimento 3.1 “Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione" finanziato dall’Unione europea – NextGenerationEU” finanziato dal PNRR che prevede il sostegno per “la creazione di infrastrutture di ricerca e innovazione che colleghino il settore industriale con quello accademico.

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